In questo periodo della mia vita, mi capita spesso di ripensare all’infanzia e mi sono trovata a ricordare quei momenti in cui da piccola tutto mi sembrava eterno, quando avevo la convinzione che nulla potesse cambiare, molto probabilmente erano gli esordi della mia adolescenza, tra i 10 e gli 11 anni.
Avevo già le mie certezze: i miei amici con cui trascorrere le giornate dopo scuola, in particolare la mia migliore amica con cui amavo essere me stessa e con cui condividevo tutto, e poi la mia famiglia..che belli che eravamo, la sera tutti riuniti, Scillitè nell’ attesa che cadesse qualcosa dal tavolo, le mie sorelle, mamma e il mio indimenticabile babbuccio.
Inconsapevolmente, avevo davanti agli occhi il significato della parola “unione”!
Essere uniti l’una all’altro da un legame che non si può spiegare, noi eravamo solite usare una battuta di un film che non ci stancavamo mai di guardare (sapore di mare) ci dicevamo scherzando “sangue blu, dipinto di blu”.
Sì, traspariva sempre ironia nella mia famiglia, come per sdramatizzare i pensieri della quotidianità, perché non era una vita semplice quella di una famiglia numerosa.
Era sicuramente una vita fatta di cose semplici, quello sì, ma sapeste quanto mi sono servite per apprezzare tutto ciò che ho oggi. Senza, non sarei quella che sono.
Degli anni prima di questo periodo, ricordo in particolare i compleanni, pochi amici e la stessa torta ogni volta, il tiramisù di mia sorella Mipple (Emma, la numero 3 delle mie 4 sisters) e la recita della favola di Cenerentola che le mie sorelle organizzavano per me. Del tiramisù, così come di ogni ricetta che era solita provare Emma, non ho tanto desiderio, ma della cremina al mascarpone che lasciava prendere forma in freezer prima di farcela mangiare, sì.
..e poi c’era il Natale.
Da sempre un periodo magico per me! ricordo i profumi di casa in quei giorni: quello delle pastiere accompagnato alle abitudini nel preparare la cena della Vigilia e il pranzo di Natale. Il profumo delle popacelle dell’insalata di rinforzo che ancora oggi non ho assaggiato nemmeno una volta, da piccola non mangiavo niente in realtà, ora tutto, ma questo tipo di pietanza non mi ha mai fatto cambiare idea.
L’immagine di tutta la famiglia riunita, io appiccicata a mamma e papà, in cerca di coccole, immersa tra le chiacchiere dei commensali, l’odore dei mandarini e il rumore delle nocelle, si pazziava a tombola in compagnia di zia Totò e zio Elvis (questa è un’altra nostra abitudine, i soprannomi). Zia era simpaticissima e zio, con quel suo modo di portare i capelli, era il tipo con un look che se riguardavi le foto di quando era giovane non ti sembrava mai cambiato. Ho dei bei ricordi di questo zio, in particolare dei bagni al mare quando era un po’ mosso, mi tirava su facendomi saltare sull’onda, credo si divertisse quanto me nel farlo, poi mi ricordo che la domenica c’era la musica che proveniva da un ristorante vicino casa e lui mi cantava tutte le canzoni dell’epoca. Che dolce che era. Credo, mi abbia inconsapevolmente, insegnato l’amore per i bimbi, o meglio quella dote di ritornare piccoli con loro e, al contempo, trattarli da grandi.
Tutte le feste finivano con l’arrivo del giorno della befana, la notte prima per casa girava la befana, interpretata da mio padre, si travestiva come una vecchina brutta, a me faceva un pò paura, forse impressione perché i bimbi è vero che hanno fantasia, ma se verev ca’nun’er a’ befan, ma er papà. La paura passava il giorno dopo, quando al risveglio trovavo accanto al cuscino la calza piena di caramelle e cioccolata.
Ogni tanto mi torna la malinconia per questa fase della mia vita, è come quando guardi quel bel film che hai già visto tante volte, ma vorresti finisse diversamente.
Quindi finchè un bislacco scienziato di nome “Doc” non inventerà la macchina del tempo, non mi resta che riprendere la mia vita proprio da quei momenti, non dimenticando quello che c’è stato nel mezzo per continuare quello che mi sono persa.